13 Dic Ecommerce e mercati stranieri: raggiungere il successo e restare conformi con la fiscalità estera
L’e-commerce ha un potere eccezionale, quello di far cadere le barriere fisiche e le distanze. Abitudine comune ormai quella di comprare seduti sul divano di casa o in coda al supermercato. Ma perché limitarsi a vendere sul mercato nazionale, quando su quelli esteri ci sono grandissime opportunità? Perché non sfruttare il grandissimo potenziale del “Made in Italy” sui mercati online stranieri? La risposta è semplice, non farlo!
La parola chiave è “opportunità” e ci si riferisce a tutte quelle presenti oltre i confini nazionali, in territori più o meno lontani da noi. Opportunità sotto tanti punti di vista. Il primo è sicuramente la generazione di nuovi flussi di entrate da acquirenti esteri con un potere di acquisto più alto di quello italiano. Inoltre, sconfinando all’estero si può dare una seconda possibilità ai propri prodotti. Le mode, il fattore climatico e gli stili di vita determinano a volte mercati paralleli al nostro, dove rivendere prodotti che sono nel magazzino dei seller e che possono trovare successo altrove.
Infine, bisogna pensare che i competitor stranieri in ogni caso arriveranno a vendere sul mercato nazionale, Shein ne è un esempio. I venditori italiani possono quindi passare al contrattacco, aprendosi anche loro ai mercati esteri.
A quali mercati esteri guardare?
Se pensiamo ad una mappa, sorge spontanea un’altra domanda, dove andare? Un primo territorio da approcciare nell’opera di espansione è sicuramente il Regno Unito. Solo per dare un ordine di grandezza, basti pensare che l’acquirente medio inglese spende circa 2.400 euro all’anno online, il doppio di quanto faccia un italiano. Le abitudini di acquisto cambiano radicalmente all’estero, gli inglesi appunto sono abituati a cercare direttamente sul web quello di cui hanno bisogno. Stessa abitudine appartiene ai tedeschi, che hanno un carrello medio annuo superiore ai 2000 euro. Se andiamo su mercati un po’ più lontani come quelli americani o asiatici, arriviamo addirittura a cifre oltre i 3000 euro.
Pertanto, il messaggio da trasmettere è che ci sono davvero tanti territori da esplorare per i seller italiani, grandi o piccoli che siano. “THINK BIG”, proprio pensare in grande permette di sfruttare appieno le potenzialità dell’e-commerce e far viaggiare le proprie merci ben oltre confine.
Ma arriviamo al modo, come approcciarsi ai mercati esteri? Senz’ ombra di dubbio affidarsi al giusto partner è la mossa più giusta. Una buona agenzia che sviluppi il proprio sito in altre lingue o aiuti ad entrare nei marketplace stranieri, un partner logistico per muovere la merce e sicuramente un partner fiscale che permetta di affrontare con serenità il rapporto con le autorità straniere.
Quali sono gli strumenti fiscali utili nell’espansione internazionale?
La fiscalità è una materia in continuo aggiornamento e con delle peculiarità legate ai singoli territori.
Ad esempio, da quest’anno per chi vende in Germania o Francia, c’è l’obbligo di registrarsi per l’EPR (Responsabilità Estesa del Produttore) un eco-tributo per alcune categorie di prodotto. In Francia al momento sono attive nove categorie, entrate in vigore tutte contemporaneamente, mentre in Germania da luglio 2021 vige l’obbligo per l’imballaggi, a cui a breve si aggiungeranno RAEE e batterie.
Un altro esempio di strumento fiscale utilissimo in molti casi è la partita IVA, necessaria per stoccare all’estero. Avere il magazzino vicino al cliente agevola di gran lunga il venditore, in quanto il prodotto arriva prima e la gestione del reso è facilitata. Inoltre, in alcuni programmi di Amazon, come il PAN EU, è necessario avere partite IVA in tutti i sei paesi coinvolti.
Oppure per chi è alle prime armi e opera solo in Europa con magazzino in Italia, può gestire l’IVA transfrontaliera con l’OSS(One Stop Shop) facendo così un unico pagamento nel paese di registrazione, invece che uno per ognuno degli stati dove si effettuano vendite.
Gli Stati Uniti sono ancora un mondo a parte, dove esistono regole fiscali federali e statali. Ogni stato infatti determina la tassazione sui propri beni e questa funziona in maniera un po’ diversa dall’IVA a cui siamo abituati, in USA si parla infatti di Sales Tax. Inoltre, è sempre necessario identificarsi a livello federale tramite EIN (Employer Identification Number), quando si effettuano operazioni commerciali con gli Stati Uniti anche se avvenute a distanza.
Questi sono alcuni esempi, in generale è importante essere informati sulle regole del mercato dove si opera per restare conformi e non incorrere in sanzioni.