20 Mag Intelligenza artificiale, diffusione lenta in Italia
Intelligenza artificiale, sì, ma in Italia i tempi non sono ancora maturi. Questo è il risultato della ricerca condotta da indigo.ai, in collaborazione con Dynata, sull’utilizzo dei chatbot in Italia. I numeri, del resto, fotografano con chiarezza la situazione: il 42% degli intervistati ha dichiarato di non conoscere i chatbot, l’86% preferisce il dialogo con un operatore umano e il 30% di coloro che non l’hanno mai usato dichiara di non averlo mai trovato sui siti che ha visitato. Statistiche che testimoniano quanto lenta possa essere la diffusione dei chatbot in Italia.
Il problema, almeno secondo indigo.ai, è la diffusione di chatbot di vecchia generazione, che, in una prima fase, hanno generato una percezione negativa degli utenti nei confronti della tecnologia. Chi ha utilizzato questa generazione di chatbot, al di là della novità introdotta, nella maggior parte dei casi ha lasciato insoddisfatti, per i motivi più disparati, l’utente. Il risultato, come dimostrano i dati, è una percezione alterata, orientata verso la repulsione nei confronti dello strumento, specialmente tra le fasce più adulte degli intervistati.
Le ragioni della scarsa diffusione dei chatbot in Italia
Le ragioni di questa situazione sono le più differenti. Per il 46%, banalmente, c’è la preferenza di un dialogo, mentre il 44% teme di non essere compreso dal chatbot. Il 34%, poi, ha il timore di ricevere risposte non sufficientemente accurate. Detto con un altro dato interessante, il 50% degli utenti intervistati sarebbe invogliato all’utilizzo dei chatbot se questi fossero sufficientemente precisi. Il tema dell’efficienza, pertanto, resta centrale per la diffusione, almeno in Italia, dei chatbot.
C’è poi una differenza generazionale. Se soltanto il 13% del totale scegli il chatbot per dipanare i propri dubbi o ricevere assistenza, a seconda della fascia d’età la percentuale varia. Così, si arriva a un misero 8% degli intervistati over 55. Evidentemente, le nuove generazioni guardano con ottimismo alla diffusione dei chatbot: il 55% degli utenti con età inferiore ai 24 anni dichiara che ChatGPT ha migliorato la percezione di questo strumento e, addirittura, il 64% di questa categoria di intervistati ritiene che l’intelligenza artificiale avrà un impatto positivo per il progresso della società.
Infine, c’è la questione della presenza di chatbot. Al momento, la maggior parte dei chatbot, circa il 53% del totale, sono presenti su siti che si occupano di servizi di telefonia e internet. A seguire, per il 29%, sono i siti di fornitori di energia. Ci sono poi, con il 28%, i marchi di elettronica e tecnologia, e quelli che offrono servizi assicurativi e bancari, per il 25%.
Come dovranno essere i chatbot del futuro secondo gli utenti italiani
Con lo sguardo rivolto al futuro, poi, c’è da immaginare i chatbot del futuro e le caratteristiche che questi dovranno avere. Tre sono le caratteristiche che appaiono fondamentali per gli utenti: il 50% desidera ricevere risposte più precise, il 26% ricerca maggiore empatia e il 20% vorrebbe ottenere risposte più veloci. Anzi, al di là dei numeri, il tema della velocità sembra rivestire un’importanza maggiore per gli utenti, specialmente tra le fasce più giovani. Già oggi, infatti, tra gli under 24 la preferenza per il chatbot è addirittura superiore a quella del contatto telefonico. Una scelta collegata sicuramente ai tempi di attesa inferiori, e all’ingaggio più leggero che i chatbot hanno rispetto agli altri strumenti di assistenza.