11 Nov L’importanza della credibilità per un brand dell’ecommerce
Nella formulazione della strategia online siamo portati a credere che le singole azioni siano il risultato finale. Invece, tutto è rivolto ad accrescere la credibilità.
Da quando l’uomo/la donna ha offerto i propri prodotti/servizi a un altro uomo/un’altra donna, alla base dello scambio vi è sempre stato un patto di fiducia inviolabile. Il primo commerciante al mondo – possiamo immaginarlo – avrà offerto i propri prodotti promettendo una qualità indiscussa degli stessi. Nel tempo, questi “si sarà fatto un nome”, cosicché altre persone si saranno rivolte a lui. In breve, gli sarà stato affibbiato un marchio dietro cui si nascondeva un sentimento chiamato fiducia.
A distanza di millenni da quei giorni, ancora oggi – forse più di allora – l’acquisto di beni e servizi si basa prima di tutto sulla fiducia. Il risultato è abbastanza evidente quando si scorrono gli indici di fiducia relativi a grandi brand: Amazon, non a caso, è uno di quei brand che riscuote il maggior grado di apprezzamento in questo senso. E, ancora una volta, non è un caso che gli utenti preferiscano acquistare da questo marketplace piuttosto che da altri, che hanno indici di gradimento ben più bassi.
La credibilità in ambito ecommerce: il primo strumento strategico
Il tema della credibilità, quindi, è centrale nel processo di acquisto. Prima ancora che l’utente acceda alla homepage, prima che testi la user experience del portale d’acquisto, che apprezzi il rapido processo di acquisto, la molteplicità di metodi di pagamento e i veloci tempi di consegna delle merci acquistate, c’è un semaforo che si illumina di rosso, giallo o verde a seconda di quanto quel brand ispiri o meno fiducia. Ed è qui, più che altrove, che si gioca la partita dell’acquisto. Costruire una credibilità online non è un processo semplice, né rapido. Richiede tempo, tendenzialmente, ma offre anche incredibili opportunità per migliorare l’appeal che quel brand, e i suoi prodotti, possono ispirare.
Cosa sarebbe, per esempio, di Apple se i suoi prodotti – rispetto ai quali, al netto di ogni altra considerazione, possiamo tutti convenire siano più costosi rispetto alla media – fossero imballati con un packaging di qualità infima? O, ancora, se le scarpe da running griffate col baffo della Nike fossero promosse con una comunicazione sommaria invece che le campagne pubblicitarie curate a cui siamo abituati? E infine: che ne sarebbe di Amazon se i suoi prodotti arrivassero in ritardo o, ancora, danneggiati? E quindi, cosa possiamo fare in questo senso?
1. Cura l’immagine del tuo brand, ma non fermarti a essa
C’è stato un tempo in cui i siti internet erano più simili a un bazar di merce usata. Alzi la mano chi non ricorda le nevicate, con annessa musica di Natale, che puntualmente comparivano sui primi siti realizzati in Flash. Tecniche di base per colpire l’interesse dell’utente verso il brand, ma che poco o niente lasciavano in termini di credibilità. Anzi, se possibile, rischiavano anche di danneggiarlo allorquando il sito smetteva di funzionare. Oggi, evidentemente, la media dei siti internet si è decisamente innalzata. Niente più scritte luminose, alla maniera di un nightclub, per colpire l’utente, ma un doveroso studio delle gerarchie di informazione.
«Sì, ma io conosco quel sito orrendo che realizza fatturati da capogiro». Certo, evidentemente l’estetica non è tutto. Però è certamente il metro di giudizio che adoperiamo, per esempio, per valutare una mail sospetta: quante volte ci siamo fermati a tanto così da cliccare sull’invitante tasto di un tentativo di phishing proprio perché l’estetica di quella comunicazione non ci convinceva fino in fondo? Non c’è una truffa alla base del processo di acquisto, ma anche in questo caso la fiducia gioca un ruolo rilevante.
Ecco perché la costruzione di un’identità di marca gioca a favore dell’acquisto. Avere un’immagine precisa del brand, dimostrare di metterci la faccia, aiuta indubbiamente il cliente finale a riporre la propria fiducia verso quel brand.
2. Abbi cura dell’infrastruttura informatica
Se avete mai avuto a che fare con la Pubblica amministrazione, e con i siti che questa attrezza, avete già capito dove voglio andare a parare. Quante volte, nel bel mezzo di una procedura lunga e articolata vi siete trovati di fronte a un errore 500 o, peggio ancora, di fronte a una pagina 404? Ovviamente, in quel caso gioca a favore l’immagine del brand (lo Stato italiano).
Quando, nella maggioranza dei casi, il brand non possiede questo potenziale, a cui potremmo dare un valore infinito, ecco che l’infrastruttura informatica gioca un ruolo fondamentale. I tempi di caricamento, che in ultima analisi giocano un fattore rilevante anche per la SEO, la possibilità per l’utente di navigare all’interno del sito internet in maniera fluida, senza perdersi nei meandri di gerarchi arzigogolate. Nessuno, probabilmente neanche Amazon, si può permettere il lusso di far trovare l’utente nel bel mezzo del processo di acquisto di fronte a un vicolo cieco. Figurarsi il piccolo ecommerce che mira a creare un rapporto di fiducia coi propri clienti.
3. La fiducia è reciproca: se la dai, la ricevi
Qualche anno fa, nel 2007, la band inglese dei Radiohead, lanciò il suo disco In Rainbows. Erano gli anni in cui la pirateria regnava praticamente incontrastata e nessun servizio online offriva soluzioni per fronteggiarla efficacemente. Il gruppo, a sorpresa, decise di lanciare la distribuzione con il sistema del pay what you wont, letteralmente: paga quanto vuoi. Non è chiaro quanto l’operazione abbia fruttato alla band, ma certamente questa ne ha beneficiato dal punto di vista dell’immagine.
Ora, nessun ecommerce o marketplace può permettersi il lusso di offrire servizi o prodotti al prezzo che desidera l’utente (anche se qualcosa esiste in circolazione), ma certo è chiaro che l’apertura in fiducia verso i consumatori (nel caso dei Radiohead i fan della band) ha un ritorno in termini di immagine.
E allora qual è il sistema che può consentire di aprirsi all’utente? Molti brand, specie nell’ambito del settore fashion, hanno lanciato strategia del tipo “prova prima, paga dopo”. L’impegno del brand in termini economici, e non solo, è elevato. Allo stesso tempo, anche il ritorno in termini di fiducia corrisposta è alto. Altri brand hanno adottato strategie che prevedono l’invio di sampling dei prodotti. Si tratta di una strategia interessante perché in questo caso il brand ripone la propria fiducia in un successivo acquisto da parte dell’utente, che in un primo momento magari ha pagato un costo irrisorio se non nullo.
4. Parla con i tuoi clienti, mettici la faccia
L’esempio di Giovanni Rana e del suo piccolo pastificio sbarcato in TV con il volto del suo fondatore, forse, ha stancato. Hanno stancato, o forse non hanno mai convinto fino in fondo, anche la miriade di anonimi ecommerce, che vendono prodotti/servizi senza che l’utente possa accedere mai all’identità di chi c’è dietro. Così, chi da un lato è costretto a dare i propri dati personali per concludere la procedura di acquisto, si trova dall’altro lato un’anonima schermata di checkout o poco di più.
Figurarsi, poi, in tutta la comunicazione che intercorre tra il cliente e il brand stesso: dalle più semplici email che informano sullo stato del processo d’acquisto, fino all’assistenza per i casi più estremi sono importanti opportunità – anche quando appare superfluo – per impostare un vero rapporto di fiducia. Un legame che, ovviamente, parte da un’assistenza all’altezza delle richieste dell’acquirente, ma si conclude anche con un’immagine precisa di chi si trova dall’altra parte.
Di esempi a riguardo se ne potrebbero fare innumerevoli, toccando tutti i punti che concernono il processo di acquisto. Chi compra si deve realmente sentire rassicurato, deve poter rimanere concentrato sull’acquisto in sé, senza distrazioni. La mancanza di fiducia è un pop-up che spunta tra i piedi proprio mentre l’utente si appresta a premere il pulsante per mettere nel carrello quel prodotto. Siete disposti a correre questo rischio?